Cyber stalking: cos’è e come difendersi dal lato oscuro del web - DONNEXSTRADA
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Cyber stalking: cos’è e come difendersi dal lato oscuro del web

La tecnologia è parte di noi e, complice anche la spinta propulsiva dettata dalla pandemia, il mondo online non può più essere scisso dal mondo reale.

L’online, infatti, è reale, governato da regole reali, così come reali sono i reati che trovano una propria espressione nel web.

Così, con l’espressione cyber stalking non identifichiamo qualcosa che è altro rispetto agli atti persecutori puniti dall’art. 612 bis del codice penale, ma ci riferiamo a una modalità di condotta delittuosa che si serve dei mezzi informatici per minare la tranquillità individuale e la libertà di autodeterminazione. Parliamo di ipotesi aggravata di stalking.

 

Il reato di atti persecutori – art. 612 bis c.p.

In primo luogo, occorre avere contezza che il reato di stalking può essere commesso da chiunque, anche al di fuori di un particolare rapporto, e che, per la sua sussistenza, è necessario accertare la reiterazione nel tempo di almeno una delle condotte di minaccia o molestia descritte dalla norma incriminatrice.

Si badi bene che, recentemente, la maggioranza dei Tribunali d’Italia ha chiarito che il delitto di atti persecutori, può essere integrato anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la “reiterazione” richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale (Così, ad esempio Tribunale di Torino, sentenza n. 945/2022).

Per poter parlare di stalking è necessario poi che tali condotte, considerate nel loro insieme, abbiano causato, alla persona offesa, almeno uno dei tre eventi tipici previsti dalla legge, vale a dire: un perdurante e grave stato di ansia o di paura; un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva; un’alterazione delle abitudini di vita.

Infine, dal lato dell’autore del reato vi deve essere la volontà di reiterare condotte moleste o minatorie, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire, non essendo necessaria la preordinazione a tal fine delle condotte, che possono essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione (In questo senso, Tribunale di Cassino, sentenza n. 188/2022).

 

Cyber stalking come aggravante del “reato base”

Attraverso un intervento riformatore del 2013, il Legislatore ha modificato il secondo comma dell’art. 612 bis c.p., che oggi così recita: “La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici”.

Viene categorizzato così il cyber stalking, con l’esigenza di dare un peso ancora maggiore ai fenomeni intrusivi che si avvalgono di mail, social network, sistemi di messaggistica, ma anche dell’utilizzo del GPS e videoriprese, fino ad arrivare all’installazione illegale di malware finalizzati al tracciamento della geolocalizzazione della vittima.

Passiamo ora in rassegna alcune delle modalità con cui si realizza il cyber stalking:

Messaggi indesiderati: la forma più comune di cyber stalking si realizza attraverso l’utilizzo dei comuni sistemi di messaggistica istantanea, anche con più utenze telefoniche in caso di blocco da parte della vittima.

Recentemente, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza 27456/2022 ha affermato come siano rilevanti anche “comunicazioni di carattere molesto o minatorio dirette a destinatari diversi dalla persona offesa, ma a quest’ultima legati da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l’agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza dell’idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice” (es: messaggi, anche vocali, su whatsapp, diretti ad amici stretti o parenti della vittima, con espresso riferimento alla stessa vittima);

Catfishing: consiste nel creare profili social fake o fingersi altre persone per carpire la fiducia della vittima, arrivando, talvolta, alla richiesta di denaro e al ricatto;

Stalkerware: prevede l’installazione fraudolenta di malware sui dispositivi della vittima, in modo da poterne sorvegliare l’attività (cronologia web, chiamate, messaggi, webcam) o la geolocalizzazione;

Osservazione tramite social network: stories, post, reel possono suggerire a una platea potenzialmente indeterminata di persone dove siete, chi frequentate, dove abitate, quali sono i vostri affetti più cari, fino ad arrivare ad una ricostruzione delle abitudini della vittima. In questo senso, è bene sempre prestare attenzione a ciò che si pubblica, preferendo, ad esempio, una pubblicazione non “in tempo reale”.

 

Cosa fare – suggerimenti operativi

Il rapporto 2021 redatto dall’Eurispes evidenzia che solo il 13,7% delle vittime coltiva un’azione giudiziaria per stalking e cyber stalking, sperando che le condotte persecutorie cessino senza alcun intervento.

Analizziamo insieme le possibili iniziative che possono essere intraprese, distinguendo quelle che danno una spinta verso un procedimento penale e i mezzi che si pongono a prevenzione della tutela della vittima.

Querela: a mezzo Polizia, Carabinieri, o per il tramite di deposito diretto presso la Procura della Repubblica. Il termine per proporla è di sei mesi dall’ultimo comportamento integrante il reato.

Lo stalking rientra tra i reati del c.d. “Codice Rosso” del 2019, per cui si è scelto di creare una corsia preferenziale per certe ipotesi delittuose, sul modello di quello che accade al Pronto Soccorso (da qui il nome “codice rosso”), comportando che entro tre giorni dall’acquisizione della notizia del reato, il Pubblico Ministero dovrà assumere informazioni dalla vittima.

Denuncia: si procede d’ufficio quando il fatto è commesso nei confronti di un minore o persona con disabilità (ex L. 104/1992), nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per cui si procede d’ufficio. Procedere d’ufficio significa che la notizia di reato non perviene necessariamente dalla persona offesa ma da “chiunque”.

Ammonimento del questore: si tratta di un procedimento amministrativo e non penale, con finalità dissuasiva e preventiva che prevede che l’interessat* si rivolga ai Carabinieri / Polizia indicando in modo sufficientemente attendibile le condotte subite, i soggetti che hanno assistito ed evidenziando lo stato di ansia o paura ovvero un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva o ancora un’alterazione delle abitudini di vita.

Qualora il questore ritenga che vi siano i presupposti, emette un decreto nei confronti del soggetto indicato quale autore delle condotte e lo ammonisce verbalmente, redigendo verbale.

L’ammonimento del questore muta la condizione di procedibilità. In un caso dove l’Autorità Giudiziaria potrebbe procedere solo con querela della persona offesa, il solo fatto che vi sia stato l’ammonimento dell’autore dei comportamenti persecutori, in caso di mancata cessazione delle condotte sopra indicate, comporta che si proceda d’ufficio contro l’autore delle condotte persecutorie.

Contestualmente, il questore può adottare provvedimenti in materia di armi e munizioni e la pena per il reato di cui all’art. 612 bis c.p. è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito.

Nonostante non siano ammesse segnalazioni anonime per l’ammonimento, è garantita la segretezza del nominativo segnalante.

Avv. Chiara Turco

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