IL PERMESSO DI SOGGIORNO PER LE VITTIME DI VIOLENZA DOMESTICA - DONNEXSTRADA
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IL PERMESSO DI SOGGIORNO PER LE VITTIME DI VIOLENZA DOMESTICA

La violenza domestica è un fenomeno che tocca trasversalmente tutte le nazionalità e le culture e coinvolge dunque anche le persone straniere, sia come vittime, sia come autori.

Ci sono donne che per anni subiscono violenze domestiche, essendo costrette al silenzio pur di non perdere il permesso di ricongiungimento familiare, un permesso che le rende dipendenti da compagni violenti. Per loro dire qualcosa è rischiare l’espulsione.

L’art. 59 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (c.d. Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia con la Legge 27 giugno 2013 n. 77) prevede che gli Stati adottino le misure per garantire che le vittime, il cui status di residente dipende da quello del coniuge o del partner, possano ottenere, in caso di scioglimento del matrimonio o della relazione, in situazioni particolarmente difficili, un titolo autonomo di soggiorno, indipendentemente dalla durata del matrimonio o della relazione.

Tale disposizione ha trovato attuazione nell’ordinamento italiano con l’inserimento nel Testo Unico dell’immigrazione dell’art. 18-bis ai sensi del quale il Questore – con il parere favorevole dell’Autorità giudiziaria o su proposta di questa – rilascia un permesso per consentire alla vittima straniera, priva di permesso di soggiorno, di sottrarsi alla violenza domestica quando siano accertate situazioni di violenza o abuso e emerga un concreto e attuale pericolo per la sua incolumità.

 

COSA SI INTENDE PER VIOLENZA DOMESTICA?

Per “violenza domestica” l’art. 18-bis del Testo Unico dell’immigrazione intende <<uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza della vittima>>.

Rispetto alla definizione contenuta nella Convenzione di Istanbul, <<b) l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza della vittima>>, c’è una evidente differenza:

  • manca la <<gravità>>;
  • manca l’<<episodicità>>, in quanto per lo strumento internazionale anche un solo atto di violenza può essere sufficiente.

 

A QUALI CONDIZIONI SI HA DIRITTO AL PERMESSO DI SOGGIORNO PER VIOLENZA DOMESTICA?

Il permesso di soggiorno per violenza domestica viene rilasciato quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di procedimenti per reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, commessi sul territorio italiano nell’ambito di violenza domestica, siano accertate situazioni di violenza o abuso nei confronti di uno straniero e emerga un concreto e attuale pericolo per la sua incolumità come conseguenza della scelta di sottrarsi alla violenza o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio.

Affinché tale permesso di soggiorno possa essere rilasciato, devono essere riscontrate violenze domestiche o abusi nei confronti di uno straniero nel corso di indagini o procedimenti penali per uno dei seguenti reati:

  • maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);
  • lesioni personali semplici e aggravate (artt. 582 e 583 c.p.);
  • pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis c.p.);
  • sequestro di persona (art. 605 c.p.);
  • violenza sessuale (art. 609-bis c.p.);
  • atti persecutori (art. 612-bis c.p.);
  • nonché per uno qualsiasi dei delitti per i quali il codice di procedura penale prevede l’arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 c.p.p.).

Il medesimo permesso di soggiorno può essere rilasciato dal Questore anche quando le situazioni di violenza o abuso emergano nel corso di interventi dei Centri Anti-Violenza, dei servizi sociali territoriali o dei servizi sociali specializzati nell’assistenza alle vittime di violenza.

Affinché l’Autorità giudiziaria dia parere favorevole è necessario che dalle operazioni, indagini, procedimenti e interventi assistenziali emerga che il tentativo di sottrarsi alla violenza ovvero la collaborazione alle indagini preliminari o al processo penale esporrebbero la vittima ad un concreto ed attuale pericolo.

 

CHI RILASCIA IL PERMESSO DI SOGGIORNO PER VIOLENZA DOMESTICA? SECONDO QUALE PROCEDURA?

Il permesso viene rilasciato dal Questore sulla base, rispettivamente, di una proposta dell’Autorità giudiziaria (quest’ultima comunica al Questore gli elementi da cui risulta la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno), ovvero di una segnalazione proveniente dai servizi sociali o anche dai Centri Anti-Violenza. In quest’ultimo caso, il Questore – previa valutazione della gravità e della attualità del pericolo per l’incolumità personale – deve acquisire il parere favorevole dell’Autorità giudiziaria.

A conclusione del procedimento il Questore rilascia il permesso di soggiorno.

 

QUALI DIRITTI HA IL TITOLARE DI UN PERMESSO DI SOGGIORNO PER VIOLENZA DOMESTICA?

Il permesso reca la dicitura “casi speciali” e ha la durata di un anno. Esso consente l’accesso ai servizi assistenziali ed allo studio nonché l’iscrizione ai centri per l’impiego e lo svolgimento di lavoro subordinato e autonomo, fatti salvi i requisiti minimi di età.

Alla scadenza può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.

Inoltre, i giudici pronunceranno sentenza di non luogo a procedere nell’ambito dell’eventuale procedimento penale per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato a carico della donna straniera nei cui confronti sia stato rilasciato il permesso di soggiorno per violenza domestica.

 

RIFLESSIONI CRITICHE.

La tutela apprestata dall’art. 18-bis del Testo Unico dell’immigrazione non deriva dal mero stato di vittima – come richiederebbe, invece, la Convenzione di Istanbul –, ma è vincolata al requisito del pericolo grave e attuale alla sua incolumità che rappresenta solo le situazioni di alto rischio. In teoria, in assenza di un grave e attuale pericolo, la donna straniera non ha diritto al permesso di soggiorno pur se vittima di violenza domestica.

Inoltre, il pericolo deve derivare dalla scelta di sottrarsi alla violenza o quale conseguenza delle dichiarazioni rese, requisito che di fatto fa dipendere la possibilità di conseguire un autonomo titolo di soggiorno dall’attiva partecipazione al processo penale – come è implicito nella necessità del parere dell’Autorità giudiziaria – e dalla possibilità di farsi seguire da servizi sociali specializzati che attesteranno il rischio per l’incolumità.

Si ignora del tutto la circostanza che le donne migranti hanno molta paura di rivolgersi alle autorità per denunciare perché temono fortemente di essere espulse.

Più aderente alla Convenzione di Istanbul, senza dubbio sarebbe stato assicurare alla donna straniera, a motivo della sua particolare vulnerabilità, la possibilità di un soggiorno legale, per il solo fatto di essere vittima, per tutto il periodo necessario al superamento delle difficoltà (abitative, economiche ecc.) derivanti dalla stessa condotta subita. Il requisito aggiuntivo del pericolo grave e attuale all’incolumità previsto per le vittime straniere finisce quindi per determinare una irragionevole disparità di trattamento rispetto alle vittime italiane.

 

LE PRESSIONI PSICOLOGICHE SULLA VITTIMA STRANIERA DI VIOLENZA DOMESTICA. 

Concludo riportando una delle prime, se non unica, pronuncia sul permesso di soggiorno per violenza domestica.

In data 18.01.2021 il Tribunale di Bari – ordinando alla Questura il rilascio di un permesso di soggiorno per violenza domestica – ha ritenuto che il pericolo per la incolumità debba essere inteso quale diritto alla salvaguardia della integrità personale della vittima oggetto di tutela della norma, tale da ricomprendere anche le possibili pressioni psicologiche che, pur non connotate da atti di lesioni che attingano il fisico della persona, influiscano sulla libertà di autodeterminazione della vittima anche rispetto alle sue scelte di vita, non ultime quelle riguardanti la libertà di autodeterminazione nel corso delle indagini o del processo considerando che la vittima migrante si trova in una condizione di maggiore debolezza, sia per la mancanza di figure familiari di vicinanza e sostegno, sia per il rischio di perdere definitivamente la possibilità di usufruire del permesso di soggiorno ottenuto per ricongiungimento e di dover tornare in patria riportando con sé i figli, ponendo anche questi ultimi in una situazione di sofferenza.

Le pressioni psicologiche (nel caso di specie, l’ex marito, per il tramite della figlia, avrebbe fatto sapere alla donna che se fosse tornata a vivere con lui le avrebbe permesso di rinnovare il permesso di soggiorno) influiscono, quindi, sulla incolumità e sulla libertà della donna inducendola a ritornare a vivere col marito, con pericolo di una violenza, pur di ottenere la possibilità di rimanere in Italia.

Avv. Sara Dealessandri

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