La Vergogna
La vergogna è un’emozione complessa, che può dimorare dentro di noi per lungo tempo e ha a che fare con lo sguardo degli altri, con l’essere visti, guardati nelle nostre parti più intime, fragili. Deriva infatti dal latino “Vereor gognam” che significa “Temo la gogna, la derisione”.
E’ un’emozione che caratterizza il nostro paesaggio interiore e può limitare la nostra capacità espressiva e la nostra autenticità. Si caratterizza con una sorta di paralisi, di mutismo, di mancanza di parole, e riguarda tutto il corpo, soprattutto la parte alta, la nostra testa, il viso, gli occhi e porta al ritiro, al negare riparo, consolazione e sostegno che possono arrivare dagli altri.
La vergogna cela il desiderio di essere amati e la paura che ci sia qualcosa che non ci rende amabili; racconta di non voler perdere il contatto, di non voler sentirsi esclusi.
E’ infatti la prima emozione sociale che il bambino sperimenta intorno al secondo anno di età quando inizia a parlare, a conoscere il suo corpo attraverso il controllo sfinterico e quando inizia a percepire la separazione dalla madre; e proprio lo sguardo di quest’ultima sul bambino plasmerà quello sguardo interiore, quell’occhio interno che lo stesso bambino si porterà dietro nella vita e che contribuirà a formare autostima e capacità di resilienza.
Trauma e aspetti neurobiologici della vergogna
La vergogna, il disprezzo di sè, l’ansia e il perfezionismo e la sensazione della mancanza di valore sono spesso eredità di eventi traumatici. La vergogna è una risposta di sopravvivenza in cui la sottomissione è l’unica opzione possibile in contesti in cui si è stabilita una relazione di dominanza e subordinazione. E’ intensa e dirompente, associata all’attivazione del sistema nervoso autonomo, la parte dell’ipoattivazione parasimpatica, legata all’ottundimento, alla tristezza, alla depressione, alla vergogna, alla disperazione e al disprezzo di sè che porta alla rinuncia dell’attività. E’ interessante notare come tali risposte fisiologiche assolvano alla funzione di facilitare la risposta di sottomissione e di mantenere la connessione con figure di attaccamento prima e con figure abusanti poi. I segnali corporei della vergogna, infatti, come l’evitamento dello sguardo, il bisogno di nascondersi, la testa bassa, vengono registrati come atti di sottomissione e remissività utili per disinnescare i conflitti; è l’emozione che il nostro corpo usa come strategia di limitazione del danno. Essendo tale strategia agganciata a memorie traumatiche, che solitamente sono senza parole e sedimentate nel corpo, con l’avanzare del tempo si cristallizzeranno e costituiranno quella memoria implicita, corporea che limiterà la vitalità e la capacità espressiva. Vergogna come freno neurobiologico, dunque, come blocco dell’attivazione che riduce l’esposizione e l’esplorazione del sè.
Ilaria Tortora, Psicoterapeuta Bioenergetica
Bibliografia
Janina Fisher, Comprendere gli aspetti neurobiologici della vergogna associata al trauma, Convegno SIAB 2018 “ Vergogna e i suoi correlati corporei”.