LA VIOLENZA OSTETRICA IN ITALIA - DONNEXSTRADA
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LA VIOLENZA OSTETRICA IN ITALIA

LA VIOLENZA OSTETRICA IN ITALIA
storie -purtroppo- di ordinari parti

 

Mi hanno lasciata sola per 13 ore con lacerazioni di terzo grado
Sono rimasta sola per 3 giorni, non ho mai vissuto una solitudine più grande
Dopo aver perso il tappo il ginecologo mi fa una puntura di non so cosa, senza spiegarmi niente
L’ostetrica mi chiede di non lamentarmi, di non fare versi, di non camminare su e giù per il corridoio.
Faccio il travaglio sdraiata in posizione ginecologica: sentivo che c’era qualcosa che non andava ma mi si diceva che non potevo saperlo.Spille sulle divise delle ostetriche:”la brava mamma allatta al seno”

Io ho avuto un’anestesia spinale con cesareo d’urgenza alle 1.40 di notte tra sabato e domenica. Alle 3.30 mi hanno portato in reparto mandando via mio marito e mi hanno messo mia figlia sotto il braccio. Peccato io fossi anestetizzata e immobile dal collo in giù e non avrei neanche potuto pigiare il campanello per chiamare l’ infermiere di turno 

In ospedale ho chiesto di tenere la mattina mio figlio al nido solo mezzora per poter stare in bagno tranquilla e potermi lavare dal sangue del parto, sono stata ostacolata finché non mi sono stufata al punto di rinunciare.
Sto ancora aspettando una coperta per me e due tachipirna per le contrazioni dal parto.

Io ero disperata in ospedale, dolorante senza supporto. 

Queste sono solo alcune delle testimonianze che in queste settimane donne, mamme e neo-mamme, mi hanno inviato da tutta Italia. Dopo il caso dell’ospedale Pertini si è levata forte una voce di tutte quelle donne che, anche inconsapevolemente, hanno vissuto quel fenomeno chiamato “violenza ostretrica”.

 

Ma che cos’è la violenza ostetrica?

Con questo termine ci riferiamo a tutte quelle condotte che si attuano in gravidanza e/o durante o dopo il parto che assumono caratteristiche violente, abusanti e che non tengono conto della personalità della donna e dei suoi bisogni. Tra quelle più conosciute rientrano l’eccesso di interventi medici ingiustificati, i trattamenti medico-sanitari senza consenso da parte della donna e tutti gli atteggiamenti offensivi e lesivi. In generale possiamo affermare che la violenza ostetrica consiste nell’appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, non necessariamente curante.

I casi non sono così rari come si potrebbe pensare, anche in un Paese come il nostro. Lo dimostra una indagine della Doxa, l’azienda italiana che si occupa di ricerche di mercato. La ricerca “Le donne e il parto” è stata condotta su un campione rappresentativo (certificato secondo parametri di qualità) di circa 5 milioni di donne tra 18 e 54 anni d’età con almeno un figlio da 0 a 14 anni. L’arco temporale analizzato era quello tra il 2003 e il 2017. Gli aspetti presi in considerazione sul travaglio e sul parto spaziavano dal rapporto con gli operatori sanitari ai trattamenti impiegati, dal consenso informato alla possibilità della partoriente di prendere decisioni fino al rispetto della privacy.
Si stimano in circa 1 milione le madri in Italia – il 21% del totale – che affermano di essere state vittime di una qualche forma (fisica o psicologica) di violenza ostetrica alla loro prima esperienza di maternità. Un’esperienza così traumatica che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza. L’indagine ha rilevato che per 4 donne su 10 (41%) l’assistenza al parto è stata per certi aspetti lesiva della propria dignità e integrità psicofisica.In particolare, la principale esperienza negativa vissuta durante la fase del parto è la pratica dell’episiotomia, subita da oltre la metà (54%) delle mamme intervistate.

 

La violenza ostetrica in Italia

L’articolo 32 della nostra Costituzione recita:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”

Di conseguenza le donne hanno il diritto di essere informate e di scegliere i trattamenti ai quali essere sottoposte, ed è preciso dovere dell’operatore sanitario fornire informazioni corrette da un punto di vista scientifico e seguire la volontà delle persone che assiste, senza imporre percorsi terapeutici precostituiti.

Ad oggi la violenza ostetrica in Italia non è definita da una legge specifica ma l’OMS ne parla includendo: la mancanza di privacy e di consenso informato, il ricorso a procedure eccessive e dolorose senza che venga fornita un’adeguata terapia per il dolore. In particolare l’OMS afferma che,in assenza di una precisa indicazione medica, siano da evitare:

  • il clistere
  • la depilazione
  • la rottura delle membrane
  • la posizione obbligata durante travaglio e parto
  • il digiuno e il divieto di bere
  • l’episiotomia (il taglio del perineo)
  • le spinte sulla pancia (manovra di Kristeller)
  • il taglio precoce del cordone e la separazione della madre e del neonato dopo il parto.

Tutte queste procedure, quando praticate senza un’evidente indicazione medica, sono da considerare una medicalizzazione impropria. In questo caso parliamo di ipermedicalizzazione.

 

Il punto di vista psicologico

La violenza ostetrica, inoltre, può concorrere all’instaurarsi di un vero e proprio trauma psichico i cui effetti a breve, medio e lungo termine possono andare ad influire non solo sul funzionamento globale della donna ma anche sulla relazione madre-bambin*. Ad esempio a livello psicologico si può innescare un processo di sfiducia in se stessa e nelle proprie capacità e competenze che può produrre un senso di inadeguatezza, insicurezza e impotenza spesso accompagnati da vissuti di sconforto, ansia e paura. Aver subito pratiche invasive, il non essere stata informata, l’essere stata trattata con poco rispetto, può far vivere il travaglio e il parto come momenti traumatici (definizione di “birth-trauma”) e questa esperienza può portare la donna a provare sentimenti di svalutazione e auto colpevolizzazione pur essendo in qualche modo consapevole di non aver avuto alcuna responsabilità.

Per queste ragioni è necessario parlare di violenza ostetrica, prevenirla e raccogliere le storie delle donne che l’hanno vissuta per farsi carico del loro peso, fisico, psicologico e legale. Noi di DonneXStrada siamo al vostro fianco.

Valentina Mossa Psicologa Psicoterapeuta

 

È attivo il Supporto Psicologico di DONNEXSTRADA, servizio che mette a disposizione un team di psicologhe e psicoterapeute professioniste e specializzate. Consulta questa pagina per approfondire il servizio e richiedere maggiori informazioni.

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