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L’identità: Chi sono? Chi sarò? Chi ero?

L’identità

La maggior parte delle richieste psicoterapeutiche sono alimentate dalla domanda: Chi sono? Qual è la mia identità? 

Questo succede perché gli eventi evolutivi, ad esempio la crescita in adolescenza o l’ingresso nella mezza o tarda età, gli eventi traumatici come un lutto, una malattia o un abuso e i cambiamenti di vita significativi come un’importante relazione, una gravidanza, un nuovo lavoro e un possibile trasferimento, sono tutte situazioni di vita che diventano parte della risposta “chi sono” e richiedono una riorganizzazione esterna e soprattutto interna.

Qualsiasi identità è al tempo stesso personale, nel senso che è “localizzata” in una persona, e sociale, in quanto i processi della sua formazione sono sociali. Ogni individuo ha una molteplicità di sé relativamente distinti (che nascono da differenti relazioni sociali avute nella vita) ma ha anche l’obiettivo di trovare e conservare un’immagine ragionevolmente integrata di chi è, un’autobiografia che cuce insieme le varie identità per ottenere una persona completa.

 

Identità e adolescenza 

In adolescenza l’identità ha la sua più importante esplosione e sviluppo. L’adolescente si trova ad affrontare un processo di separazione individuazione, i genitori prima modelli da seguire rigidamente vengono gradualmente interiorizzati ed esternamente respinti. Gli adolescenti che restano così come erano in età infantile, bravi e dediti ai genitori, in linea con i loro pensieri, tranquilli e presenti, non sono adolescenti ma bambini che fanno fatica a raggiungere un’importante tappa evolutiva.

Il gruppo dei pari, per gli adolescenti tipici, diventa importante fattore identitario così come il rapporto con il proprio corpo diventa fonte importante per definire il nuovo sè.

Gli adolescenti si presentano al loro nuovo corpo sconosciuto, spesso vissuto come goffo, sgraziato e spregevole. Il corpo è evidente, è visto, sentito e si presta a essere lo strumento più importante di comunicazione e affermazione di sé. L’agito è spesso utilizzato dall’adolescente perché egli non ha ancora completato il processo di sviluppo della mentalizzazione che avrà termine intorno ai 24 anni (il “pruning”, le sinapsi sottoutilizzate vengono eliminate, mentre vengono rafforzate quelle in uso) e di conseguenza i genitori dovranno imparare a ridurre la loro iperprotezione infantile per aiutarli nella sperimentazione identitaria ma al contempo mentalizzare al posto loro e mostrargli le conseguenze delle loro azioni.

Inoltre, l’orientamento sessuale e la scelta, in tarda adolescenza, del percorso post scolastico diverranno fonti importanti di definizione del sé.

In stanza di terapia è molto più frequente, in questa epoca storica, incontrare adolescenti e aiutarli a ripensare a se stessi, rendendo il ciclone di cambiamenti che li colpisce una crisi identitaria normale, utile, temporanea ed evolutiva e non un inizio di psicopatologia.

 

Identità e adultitá

Anche in età adulta, in terapia, è necessario tornare all’adolescenza, periodo in cui è iniziato il processo di formazione identitario, per comprendere che tipo di adolescente l’individuo è stato e quindi che adulto è diventato.

Ad esempio sono molti gli adulti che non sono sazi del periodo adolescenziale, anzi alcuni proprio non ci rinunciano, più di tutti non ci rinuncia chi non ha vissuto quell’età nelle sue tipiche caratteristiche, poi però con la fame del recupero finisce a non vivere nemmeno l’età attuale. Se a trent’anni vivi come se ne avessi diciotto, a quartana come se ne avessi trenta e a sessanta come se ne avessi quaranta alla fine hai rinunciato a ben due o più periodi della tua vita. È necessario quindi tornare clinicamente dove lo sviluppo è stato represso per elaborare vissuti, relazioni e rappresentazioni non pensate.

Tutti gli eventi di vita nuovi, improvvisi e che generano cambiamenti, a tutte l’età diventano importanti fattori che attivano crisi identitarie e rivisitazioni della propria vita. In base all’età, alla situazione, alla risposta del soggetto, queste possono essere più o meno evolutive o psicopatologiche.

Ad esempio i giovani adulti che scelgono i percorsi universitari, una volta conclusi è normale che si ritroveranno a rivivere la sensazione del termine del percorso scolastico, la confusione e il vuoto identitario che già hanno conosciuto ma questa volta saranno aiutati dalla mentalizzazione, che ridurrà gli agiti.

O ancora l’inizio di un’importante relazione significativa in età adulta o l’assenza di una relazione diverrà importante fattore identitario. Chiedersi che tipo di relazione sentimentale si sta vivendo, che tipo di relazione genitoriale è stata modello interno e ancora quali sono i pattern che si ripetono nei rapporti con gli altri è essenziale per ripensare alla propria identità.

Io sono il mio lavoro, le mie relazioni, attuali e passate, il mio corpo e il rapporto con esso, i miei hobby. Se questi fattori risultano interamente compromessi questo può attivare forti vissuti depressivi che vanno terapeuticamente approfonditi.

 

Bibliografia

Cozolino, L. (2008). Il cervello sociale. Neuroscienze delle relazioni umane. Milano: Cortina Editore.

Freud, A. (1957). Adolescenza, in: Opere, Vol. 2, Boringhieri, Torino 1979.

Hogg M.A. & Vaughan G. M. (2012) Psicologia sociale. Teorie e applicazioni. Milano: Pearson

 

Dott.ssa Martina Crisafulli, Psicologa Psicoterapeuta

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