STRUMENTI DI TUTELA CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE
Lo scopo di questo umile contributo è quello di fornire una guida generale (si sottolinea generale, assolutamente non esaustiva!), di facile comprensione (si spera) sulla normativa posta a tutela delle vittime di violenza, e su cosa, quindi, possano nel concreto fare le vittime per essere tutelate.
Al di là di ogni disamina sulla legge e/o su questioni tecniche, il consiglio che, da umile Avvocato alle prime armi, mi sento sempre di dare alle vittime di violenza che fin’ora mi sono trovato a dover tutelare è sempre lo stesso: affrontare il problema, e farlo appena questo si presenta. Non sminuirlo, mai. È sempre meglio ingrandire un problema facilmente risolvibile, piuttosto che (come ahime invece accade fin troppo spesso) non dare la giusta importanza a problemi che saranno solamente destinati a crescere sempre di più.
Gli Avvocati di DONNEXSTRADA, come tutti i professionisti aderenti, sono lì per ascoltare e, soprattutto, aiutare.
Fatta questa premessa, partiamo dalle basi.
CODICE ROSSO: COS’È E PERCHÉ È IMPORTANTE
La legge n. 69 del 2019, denominata “Codice rosso” nasce con l’esigenza di far fronte all’aumento dei casi di violenza di genere, introducendo reati nuovi e, più importante, applicando un procedimento più snello e rapido nel momento in cui l’autorità giudiziaria viene a conoscenza del compimento di un reato che rientra nell’alveo della violenza di genere.
Anzitutto, mi preme sottolineare come, in realtà, la legge non faccia una distinzione di sesso o età.
Di fatto si applica a tutti; tale scelta è chiaramente ispirata al principio di eguaglianza, che però non è necessario approfondire in questa sede.
Ciò detto, è chiaro che l’intento del legislatore è quello di far fronte alla violenza che il più delle volte tocca le figure più vulnerabili: le donne ed i minori.
Tale obiettivo viene raggiunto introducendo nuovi reati, inasprendo quelli già esistenti ed applicando una procedura più snella e rapida sul piano processuale, che sia in grado di interrompere con tempestività il danno alla vittima.
Sul piano dei reati, la legge introduce nuove ipotesi delittuose:
- Il delitto di deformazione del viso: prima considerata solamente una circostanza aggravante del reato di lesioni, ora il legislatore ha deciso di renderlo un reato autonomo, dato l’aumento di casi di commissione di questo reato.
- Il delitto di costrizione o induzione al matrimonio
- Il delitto di diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite: nato a seguito di casi di cronaca che hanno suscitato scalpore nel pubblico, ove la vittima aveva mandato, all’interno di un contesto di affettività, immagini esplicite destinate al solo partner, ma che sono state successivamente divulgate al pubblico ludibrio senza il consenso della vittima.
- Il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla persona offesa o del divieto di avvicinamento
Oltre alla introduzione di questi nuovi reati, vengono inasprite le pene previste per reati già esistenti, a titolo di esempio:
- viene inasprito il delitto di maltrattamenti in famiglia, che ora prevede anche una aggravante nel caso in cui ai maltrattamenti abbia assistito un minore (si pensi al caso del padre di famiglia che picchia la moglie davanti ai figli);
- vengono aumentate le pene per tutti i reati commessi contro la persona
Ma il vero cambiamento apportato dal codice rosso è la previsione di un procedimento più snello e rapido per le vittime di violenza di genere.
La legge impone, infatti, che per i reati di violenza di genere, (al di la di quelli menzionati, non serve speficare che vi rientrano anche reati particolarmente odiosi, quali la violenza sessuale e lo stalking) debba essere seguita la seguente procedura:
- Le forze dell’ordine che hannoa avuto notizia di uno dei reati di genere devono avvisare immediatamente l’autorità giudiziaria, in modo da permetterle di prendere fin da subito i provvedimenti necessari a tutelare la vittima;
- Il P.M. dovrà poi procedere a sentire la vittima del delitto (oltre ad altri eventuali testimoni) entro 3 giorni dall’avviso ricevuto, per assumere il prima possibile tutte le informazioni necessarie;
- la Polizia Giudiziaria dovrà compiere senza ritardo tutti gli atti di indagine che il Magistato le ordinerà di svolgere.
Viene poi previsto l’obbligo di comunicare alla vittima che nei confronti dell’autore del reato sono stati adottati i provvedimenti di scarcerazione, cessazione della misura della detenzione, dell’evasione e dell’applicazione del divieto di avvicinamento o dell’obbligo di allontanamento.
Nel 2021, poi, il legislatore ha stabilito l’applicabilità della procedura sopra menzionata anche se i reati di genere siano stati compiuti solo in forma tentata: il solo tentativo basta per l’applicabilità, quindi, del procedimento più snello e rapido.
L’AMMONIMENTO DEL QUESTORE:
Ancora, è importante citare la l. 168/2023, che ha previsto l’applicabilità dell’istituto dell’ammonimento del questore anche ai casi di violenza privata, minaccia, atti persecutori (comunemente detto stalking), danneggiamento e diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite (impropriamente diffuso con il nome di revenge porn).
A questo proposito, è bene fare un breve accenno cosa sia l’ammonimento del questore.
Invero, è uno strumento non ancora adeguatamente diffuso, ma che talvolta potrebbe risultare senz’altro utile.
Sostanzialmente consiste nell’intimazione, rivolta dal Questore all’autore delle condotte, ad astenersi dal commettere ulteriori atti.
Non è un semplice avviso privo di effetti: difatti, qualora il soggetto ammonito dovesse persistere nelle condotte, il procedimento penale nei suoi confronti inizierà d’ufficio e le pene previste per i reati commessi saranno aumentate.
Per poter ottenere l’ammonimento basta una semplice richiesta: che può essere fatta anche senza l’assistenza di un Avvocato, è gratuita, e può essere un modo utile per interrompere le condotte delittuose senza dover ricorrere a mezzi più drastici.
ORDINI DI PROTEZIONE CONTRO GLI ABUSI FAMILIARI:
Un’altra possibilità da non sottovalutare sono gli ordini di protezione contro gli abusi familiari.
Con questo strumento, chi subisce un danno alla propria integrità psicofisica grave, all’interno di un contesto familiare (di qualsiasi tipo: matrimonio, unione civile, convivenza), può chiedere al Giudice l’emanazione di un ordine di protezione.
Se sussistono i presupposti, il giudice potrà prendere provvedimenti vari: dal semplice ordine all’autore dell’abuso di non continuare con il comportamento lesivo, fino a disporre l’allontanamento dalla casa familiare e, se a seguito dell’allontanamento la vittima non è in grado di mantenersi autonomamente, ordinerà inoltre il versamento di un contributo. Il giudice potrà anche stabilire l’intervento dei servizi sociali a favore della vittima
CONCLUSIONI:
Vi sarebbero in realtà altri strumenti complementari in grado di aiutare, sul piano legale, le persone vittime di violenza: si pensi al reddito di libertà, che concede alle donne vittime di violenza domestica, seguite dai centri antiviolenza, il diritto di ottenere un sostegno economico temporaneo che può arrivare alla concessione di 500 euro ogni mese per massimo 12 mesi.
Si pensi pure al D.l.gs 80/2015, che permette alle vittime di violenza di genere (inserite in percorsi di protezione certificati dai servizi sociali, Centri antiviolenza o case rifugio) la possibilità di chiedere l’astensione dal lavoro fulltime per 3 mesi, o la trasformazione del contratto da fulltime a part-time.
Però, a conti fatti, questi sono strumenti che operano solo quando, sostanzialmente, il “danno è già stato fatto”.
Mi si permetta una riflessione.
Il legislatore, da ormai molti anni a questa parte, si muove (in ritardo) in questo modo: si diffonde un problema, questo raggiunge l’apice (di solito attraverso un caso di cronaca che causa lo sdegno dei cittadini, o meglio, il più delle volte quello delle sole vittime), ed allora fa prende coscienza del problema facendo cio che, in realtà solo superficialmente, è un modo per contrastarlo senza davvero risolverlo: prevedere come reato quel comportamento, nella speranza (o forse ingenua certezza) che la paura di un processo, o di una condanna aspra, facciano desistere l’autore del fatto, o l’aspirante tale.
Si potrebbe discutere sulla bontà del quadro legislativo italiano sulla materia, ma a mio modo di vedere direi che, quantomeno sul piano prettamente teorico, gli strumenti ci sono, e possono essere efficaci.
A sommesso avviso dello scrivente, però, ciò semplicemente, non basta: l’unico modo per risolvere l’annoso affanno è quello di prevenire il male che, in modo più o meno maldestro (o più o meno efficiente), il legislatore si trova puntualmente poi a dover risolvere una volta che si presenta sotto gli occhi di tutti.
E la soluzione che, davvero, fa la differenza è quella di educare.
Nella realtà dei fatti bisogna tenere conto del problema che le vittime hanno a poter parlare, perché si trovano in una realtà (ma pare che per fortuna stia cambiando) in cui si tende a sottovalutare il problema, se non addirittura a torcerlo contro la vittima.
Mi permetterei di fornire, a mero titolo di esempio e come spunto di riflessione (senza dilungarmi troppo) la decisione della Corte EDU nella sentenza J.L. Contro Italia: in quella occasione (2021, pochi anni fa) la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia perché tre magistrati di Corte d’appello, nel giudicare una violenza sessuale di gruppo ai danni di una giovane 22enne avevano riprodotto stereotipi sessisti, e veicolato “pregiudizi sul ruolo della donna che esistono nella società italiana e che sono suscettibili di costituire ostacolo a una protezione effettiva dei diritti delle vittime di violenza di genere a fronte di un quadro legislativo soddisfacente.
Quanto detto dalla Corte EDU è semplicemente il riassunto di una realtà che bisognerebbe sforzarsi di vedere: ancora, nel nostro paese, esistono pregiudizi sul ruolo della donna.
Allora, l’unico, vero, modo di risolvere il problema seriamente è quello di incentivare al cambiamento.
Avv. Matteo Guazzoni