VIOLENZA OSTETRICA UNA VIOLENZA DI GENERE - DONNEXSTRADA
Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

VIOLENZA OSTETRICA UNA VIOLENZA DI GENERE

La violenza ostetrica è una violenza di genere, viola i diritti umani delle persone assegnate femmine alla nascita (Assigned Female At Birth, da qui AFAB) e il loro diritto costituzionale alla salute, viene subita, quando presenti all’interno del percorso nascita, anche da compagnə e neonatə.

Cosa si intende per violenza ostetrica

La violenza ostetrica non è definita così perché perpetuata esclusivamente o prevalentemente da ostetricə, ma perché legata ai percorsi dei corpi AFAB inerenti alla loro salute, sessuale, riproduttiva, mestruale. Si presenta come una combinazione tra tre elementi:

  • Il trattamento ricevuto dal personale sanitario e para sanitario, es: abusi verbali, violazione della privacy, invalidazione del dolore, la colpevolizzazione nell’aborto volontario, l’infantilizzazione delle persone AFAB e delle persone AFAB con disabilità, in particolare nei percorsi relativi a sessualità e fertilità;
  • La medicalizzazione e la patologizzazione dei corpi AFAB: l’appropriazione da parte del personale sanitario dei processi riproduttivi/sessuali dei corpi biologicamente femminili, giustificata da una parte da una medicina difensiva e dall’altra fondata sull’ignoranza in merito alla salute dei corpi AFAB. Rientrano in questo aspetto, ad esempio le episiotomie effettuate senza consenso, anestesia e necessità, la manovra di Kristeller, la prescrizione della pillola estroprogestinica come panacea di ogni male, pratiche mediche effettuate in assenza del rispetto del criterio di appropriatezza dell’intervento sanitario, di un consenso realmente informato e della considerazione della volontà della persona coinvolta.
  • La perdita della possibilità di autodeterminazione: corrisponde alla variabile e soggettiva sensazione di perdita di controllo sul proprio corpo, sessualità, sulle proprie scelte riproduttive, o sul proprio stato di salute generale, fisico e mentale, per un tempo variabile: una visita, una gravidanza, un parto, può avere degli effetti molto più cronici e permanenti di così, mettendo in discussione le competenze e le capacità di ognunə di prendersi cura e decidere per sé. In questo modo viene alimentato il circolo vizioso della violenza ostetrica.

Cultura patriarcale e salute

L’inquadramento di questa violenza come una violenza di genere è fondamentale per capirne le cause e individuarne le possibili soluzioni. Come altre forme di violenza di genere, anche quella ostetrica riflette la cultura patriarcale della nostra società, cultura che ha plasmato anche il sistema sanitario, la ricerca in ambito farmaceutico e sanitario e nel complesso il modo in cui si fa medicina. Abbiamo quindi ereditato una medicina maschia, cisgender, bianca, abile, di mezza età e con un corpo conforme, fatta per maschi cisgender, bianchi, abili, di mezza età e con corpi conformi.

Ignoriamo quali siano i sintomi dell’arresto cardiaco in un corpo biologicamente femminile, con conseguenza che queste persone, pur essendo meno colpite da questa evenienza muoiono molto di più.
Abbiamo intere classi di farmaci studiati solo su corpi bianchi e maschi, senza preoccupazione degli effetti collaterali a breve e lungo termine, dell’efficacia degli stessi in tutto il resto della popolazione.

Ci siamo convintə che le persone biologicamente femminili siano destinate al dolore, pensiamo al dolore mestruale, al dolore del parto, ma anche al dolore nella sessualità.

Questa convinzione porta a pensare che il dolore è normalmente parte integrante di queste vite, e non c’è soluzione. E quindi, chi non si arrende di fronte alla dismenorrea, al dolore nel parto, al dolore alla penetrazione, viene spesso non credutə, non presə in considerazione, accoltə con atteggiamento paternalista e invalidante. Questo determina, ad esempio, che patologie facilmente diagnosticabili, come l’endometriosi o la vulvodinia abbiano un ritardo diagnostico, rispettivamente, di 9 e 7 anni in media.

La salute, l’accesso alle cure, la gestione del dolore, la credibilità delle persone che non rientrano nello standard (maschio, bianco, abile, cisgender, con corpo conforme) sono succubi dello sguardo patriarcale e degli stereotipi di genere. Questi comprimono la libertà e l’autodeterminazione delle persone assegnate femmina alla nascita, promuovono il ruolo naturale della donna nella società, riducono lo spazio sociale e politico che queste persone possono occupare. Questo sguardo emerge dalle credenze religiose, culturali e sociali, dai media, dall’educazione, dalle immagini della brava bambina, della brava donna e della buona madre. Dal modo giusto di vivere la sessualità, la gravidanza e la maternità. Il tutto è talmente ben integrato da rendere difficile a volte anche riconoscere ciò che noi siamo e vogliamo dal costrutto sociale che ci viene fatto indossare.

Cause strutturali e possibilità di evoluzione

A livello statale c’è da sempre un mancato investimento nell’assistenza sanitaria delle persone AFAB, che di fatto non sembrano essere una priorità per la politica.

Le generiche risorse limitate non permettono la formazione adeguata dellə operatorə neanche per quanto riguarda l’etica medica e i diritti umani dellə pazienti, incluso l’obbligo all’erogazione di un’assistenza rispettosa e non discriminatoria.

Le condizioni lavorative all’interno delle strutture sanitarie sono poi spesso caratterizzate da mancanza di personale, elevato flusso di pazienti, salari bassi, lunghi turni, mancanza di supporto e supervisione degli operatorə sanitarə, creando condizioni di lavoro stressanti e un basso livello del morale per gli operatorə, che predispongono ad un’assistenza meno empatica e accogliente.

Nella relazione medicə-paziente emerge, spesso, la presenza di una relazione di potere sbilanciata. Questa dinamica è un’altra causa all’origine della violenza, aggravata dagli stereotipi sulle persone AFAB. L’operatorə sanitariə ha di fatto il coltello dalla parte del manico: ha il potere del sapere medico e il privilegio sociale dell’autorità medica, mentre la persona è dipendente dal sanitario per la cura e le informazioni.

La violenza ostetrica si manifesta quindi come un fenomeno complesso, che riguarda aspetti economici, culturali, sociali e dell’organizzazione sanitaria. È un fenomeno intersezionale e come tale necessità di un approccio altrettanto complesso. Partendo dalla divulgazione circa il fenomeno, per poterlo riconoscere e denunciare, per fare pressione affinché ci siano maggior investimenti, coltivando un tessuto culturale orientato al femminismo intersezionale, perché coinvolga prima la società e di conseguenza anche il sistema sanitario lavorando alla radice della violenza.

Valentina Maistri, ostetrica

 

È attivo il Supporto Ginecologico di DONNEXSTRADA. Consulta questa pagina per approfondire il servizio e richiedere maggiori informazioni.

 

Fonti

A human rights-based approach to mistreatment and violence against women in reproductive health services with a focus on childbirth and obstetric violence, risoluzione 71/170, 2019,  Dubravka Šimonović

What's your reaction?
0Smile0Angry0LOL0Sad0Love