Violenza Sessuale - DONNEXSTRADA
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Violenza Sessuale

1) Inquadramento generale:

La violenza sessuale è un delitto contro la persona commesso da chiunque:
– Con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali (art. 609 bis, co. 1 c.p.).
– Induce taluno a compiere o subire atti sessuali: abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto (art. 609 bis, co. 2, n. 1 c.p.), ovvero traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona (art. 609 bis, co. 2, n. 2 c.p.).

Dal punto di vista strutturale, l’art. 609 bis c.p. distingue due diverse fattispecie: la prima, descritta nel primo comma, punisce con la reclusione da sei a dodici anni “chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali”; mentre la seconda contempla la medesima pena nei confronti di “chi induce taluno a compiere o a subire atti sessuali”.

La prima fattispecie, classificata dalla dottrina come “violenza sessuale per costrizione”, riconduce sotto l’alveo della disposizione incriminatrice non solo la condotta di chi costringe taluno a subire atti sessuali ma, altresì, quella in cui viene a mancare il contatto corporeo tra soggetto agente e vittima e quest’ultima deve realizzare atti sessuali su sé stessa, oppure il contatto c’è e la vittima deve compiere atti sessuali a favore dell’agente.

La seconda fattispecie, invece, assume rilevanza penale quando si realizza l’abuso delle condizioni di inferiorità, fisica o psichica (c.d. “violenza sessuale per induzione”).

Con riferimento alla prima ipotesi, la giurisprudenza ha ritenuto che l’induzione sufficiente alla sussistenza del reato non si identifica solamente nell’attività di persuasione, esercitata sulla persona offesa, per convincerla a prestare il proprio consenso all’atto sessuale, ma consiste in ogni forma di sopraffazione posta in essere senza ricorrere a veri e propri atti costrittivi ed intimidatori nei confronti della vittima, la quale, non risultando in grado di opporsi a causa della sua condizione di inferiorità, si sottopone al volere dell’autore della condotta, divenendo strumento di soddisfazione delle voglie sessuali di quest’ultimo (Cassaz. Pen., sez. IV, 17 settembre 2008, n. 40795).

L’art. 609 bis c.p., inoltre, all’ultimo comma statuisce che “nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.

Al riguardo, è stato evidenziato come tale previsione abbia l’intento di consentire diminuzioni di pena nei casi più lievi in cui la pena, stabilita negli altri commi, potrebbe risultare eccessiva. Così operando, il legislatore ha delegato al giudice il compito di mitigare e rendere più eque, nel caso concreto, delle sanzioni molto rigorose.

Ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale si ritiene sufficiente il dolo generico consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della vittima non consenziente.

La giurisprudenza reputa necessaria la coscienza di tutti gli elementi essenziali del fatto, mentre ritiene del tutto indifferenti il movente particolare del colpevole e gli scopi che possono averne determinato il comportamento (Corte Appello Firenze, sentenza 13 aprile 2000).

Al riguardo, è stato ritenuto irrilevante l’eventuale fine ulteriore (di concupiscenza, ludico o d’umiliazione) che ha spinto l’agente a commettere il reato (Cass. Pen., sez. III, 9 maggio 2008, n. 28815).

Per quanto concerne la prova della violenza, la giurisprudenza ha ritenuto che nel caso di violenza sessuale la descrizione del tatuaggio dell’autore del reato, da parte della vittima, può essere utilizzata come argomento di prova della sua responsabilità (Cass. Pen., sez. III, 28 aprile 2009, n. 17831).

 

2) Il coniuge può commettere il delitto di violenza sessuale?

Autore del delitto di violenza sessuale può essere chiunque.

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che l’autore del reato in questione può essere anche il coniuge.

Sull’argomento, la Suprema Corte ha ritenuto che, sebbene i rapporti sessuali siano un diritto-dovere dei coniugi, connaturati alla volontà che gli stessi hanno manifestato innanzi all’Ufficiale di Stato Civile, nel momento in cui il rapporto matrimoniale cessa nei modi previsti dalla legge, si deve ritenere del tutto illecita e coercitiva l’eventuale iniziativa sessuale di una delle parti, caratterizzata da violenza, minaccia, sopraffazione o qualunque altro atto idoneo a comprimere significativamente la libertà di autodeterminazione della vittima (Cass. Pen., sez. III, 21 novembre 2007, n. 42079).

Tuttavia, episodi di violenza sessuale possono verificarsi non soltanto tra coniugi separati ma, altresì, tra due coniugi che ancora stanno insieme.

Ciò in quanto può sussistere violenza sessuale, anche nel caso in cui la moglie rifiuti silenziosamente il rapporto sessuale per evitare di subire aggressioni fisiche o verbali, laddove, comunque, il marito ne sia a conoscenza (Cass. Pen., sez. III, 3 aprile 2008, n. 13983).

In particolare, i giudici di legittimità hanno affermato che: “ in tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti di coppia di tipo coniugale, non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca, potendosi configurare nella specie un costringimento fisico – psichico idoneo ad incidere sulla libertà di autodeterminazione, quando è provato che l’autore, per le violenze e minacce precedenti, poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali”.

Per quanto riguarda, invece, i soggetti passivi, la riforma ha prestato una attenzione peculiare nei confronti dei minori, dettando una disciplina distinta all’art. 609 quater c.p.

La giurisprudenza di merito ha chiarito che il reato di atti sessuali con minorenne è caratterizzato da un’attività di persuasione e di pressione finalizzata a determinare la persona offesa nel senso voluto dall’agente. Conseguentemente, il delitto in questione si concretizza attraverso il compimento di qualsiasi atto che, anche se non esplicato attraverso il contatto fisico, sia idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà dell’individuo. Nell’ipotesi in cui la vittima sia un minore, le dichiarazioni dello stesso devono essere valutate in primo luogo verificando l’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto, nonché la sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne.

 

3) Palpeggiare per scherzo i glutei integra il delitto di violenza sessuale?

La Corte di Cassazione si è espressa in più occasioni in merito alla configurabilità del reato di cui all’art. 609 bis c.p.,  affermando che il reato di violenza sessuale comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto idoneo, secondo canoni scientifici e culturali, a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dalle intenzioni dell’agente, purché questi sia consapevole della natura oggettivamente “sessuale” dell’atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria (Cass. pen., Sez. III, 28/10/2014, n. 21020) sicché anche il palpeggiamento dei glutei non può non rientrare, quand’anche fugace o repentino, nella nozione di “atti sessuali” (Cass. pen., sez. III, 12/03/2021, n. 13278).

 

4) Il bacio sulla guancia può integrare violenza sessuale?

Il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato ad una zona erogena, configura violenza sessuale solo se, all’esito di una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l’azione è stata realizzata, del rapporto esistente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale rilevante, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima (Cassazione penale, sezione III, sentenza 23 ottobre 2019, n. 43423, Cass. pen. sez. III, 13/02/2007, n. 25112, Cass. pen. sez. III, 12/02/2014, n. 10248)

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di condanna per il reato di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p. commesso dal docente di educazione fisica presso un istituto scolastico, per aver costretto un’allieva di età inferiore a 14 anni a subire, all’interno della scuola, un abbraccio da dietro, cui aveva fatto seguito un bacio sulla guancia, dopo il tentativo di un bacio sulle labbra, che non era riuscito per la resistenza della vittima.

Al riguardo, è stato rilevato come la decisione della Corte di Appello avesse spiegato con coerenza il profilo dell’attendibilità della condotta della vittima, rilevando come la sua reazione immediata – in particolare, il fatto che nell’immediatezza si fosse chiusa nel silenzio senza esternare il suo stato di turbamento e che solo il giorno seguente avesse confidato ad un’amica quanto avvenuto – fosse pienamente compatibile con il tumulto emotivo che l’aveva assalita a fronte del gesto tanto invasivo, quanto inaspettato del professore.

La Corte ha ritenuto altresì corretta la qualificazione del fatto come reato, in quanto l’imputato ha immobilizzato la vittima cingendola da dietro, in modo da tenerne ferme le braccia per poterla baciare sulla bocca. Egli, peraltro, non è riuscito nel suo scopo, perché la ragazza ha girato la testa, potendo, pertanto, solo baciarla sulla guancia.

In una simile situazione, nonostante il proposito dell’agente fosse diverso da quanto realizzato, l’azione conclusasi in concreto con il bacio sulla guancia deve ritenersi portata a compimento e, dunque, il reato deve ritenersi consumato.

All’esito di una valutazione complessiva della condotta, inoltre, emerge la portata del gesto, il quale, tenuto conto del contesto in cui è avvenuto, presenta una carica erotica indirizzata all’invasione della sfera sessuale della giovane allieva, integrando in tal modo il reato contestato

Ai fini del reato punito dall’ art. 609 bis c.p., infatti, integra atto sessuale non soltanto ogni forma di congiunzione carnale, ma anche qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo o, comunque, coinvolgente la corporeità sessuale di quest’ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante per il perfezionamento del reato, la finalità dell’agente e l’eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale (Cass. pen. sez. III, n. 33464 del 15/06/2006).

L’attitudine dell’atto a ledere la libertà di autodeterminazione della vittima in relazione alla sua sfera sessuale è il dato che consente di qualificare qualunque tipologia di bacio, prescindendo cioè dalla parte corporea cui lo stesso attinge.

Al fine di qualificare l’atto, è necessario avere riguardo alle circostanze del caso concreto e quindi conferire rilievo al contesto in cui è avvenuta l’azione, alla relazione esistente tra le parti ed ad ogni altro dato fattuale da cui possa desumersi se l’atto abbia o meno inciso sulla libertà sessuale della vittima (Cass. pen. sez. III, n. 21020 del 28/10/2014).

La natura sessuale dell’atto, più in particolare, deriva dalla sua attitudine ad essere oggettivamente valutato, secondo canoni scientifici e culturali, come erotico ed idoneo cioè a incarnare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo.

Secondo la scienza medica, ma anche psicologica, antropologica e sociologica e in base al comune sentire, i genitali, i glutei, il seno e le labbra oggettivamente esprimono, più di ogni altra parte del corpo ed in modo più naturale, diretto ed esplicito, la sessualità. La loro volontaria “violazione” integra la natura sessuale del gesto, sicché, indipendentemente dalle intenzioni del suo autore (del tutto irrilevanti ai fini della sussistenza del reato), quando ciò avvenga senza il consenso di chi lo subisce o con l’inganno, viene violato il diritto dell’individuo di scegliere liberamente la persona con cui condividere questa parte di sé.

 

5) Può consumarsi violenza sessuale in assenza di contatto fisico?

Il delitto di violenza sessuale, consumato o tentato, è riconosciuto dalla giurisprudenza anche quando la condotta del soggetto agente va “oltre il fatto carnale”, ovverosia quando manchi il contatto fisico o quando le persone coinvolte siano fisicamente distanti.

Già in passato, forme di atti osceni quali l’autoerotismo in luogo pubblico acquisivano rilevanza penale se commesse nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori (con il contestuale rischio che gli stessi minori potessero assistervi).

Nel caso oggetto di giudizio da parte della Corte di Cassazione, conclusosi con sentenza n. 25266/2020, il soggetto agente aveva inviato alla giovane una propria “foto a luci rosse” e ne aveva ricevuto da lei un’altra come risposta. A questo punto l’uomo – condannato poi sia in primo grado che in sede di appello – aveva insistito affinché la giovane gli inviasse altri contributi hard, dietro minaccia di pubblicazione, a mezzo social, della foto precedentemente inviata da lei.

Con il ricorso in Cassazione l’uomo aveva chiesto al giudice di legittimità di rivedere la sentenza appellata, poiché l’atto sessuale non si era compiuto né c’era mai stato alcun incontro tra lui e la giovanissima. La Corte, tuttavia, ha ritenuto infondato il ricorso, riconoscendo l’integrazione della condotta criminosa e, in accordo con quanto già deciso dal Riesame, ha affermato dunque la configurazione del reato di tentata violenza sessuale (ben più grave della diffamazione aggravata) nel momento in cui il ricorrente aveva minacciato di inviare foto compromettenti della donna ai parenti della stessa.

La Cassazione ha così valorizzato il ricorso alla minaccia che rappresenta uno degli elementi tipici della violenza sessuale, atteso che se l’autore obbliga la vittima a spogliarsi dietro promessa di non divulgare immagini a luci rosse, sta indubbiamente valorizzando una strumentalizzazione dolosa dell’inferiorità della vittima.

La lontananza fisica, del resto, è irrilevante nel momento in cui, costringendo la vittima a spogliarsi, viene posto in essere un atto sessuale che coinvolge la corporeità della persona offesa (atto idoneo a compromettere il bene primario della libertà individuale).

 

6) Profili processuali

Qui di seguito si riporta uno schema relativo ai profili processuali della norma:

Ipotesi di reato Competenza Arresto Fermo Misure cautelari
Violenza sessuale

art. 609 bis, co. 1 c.p.

Violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità art. 609 bis, co. 2, n. 1 c.p.

 

Tribunale Collegiale Obbligatorio Consentito Custodia cautelare
in carcereArresti domiciliariAllontanamento casa familiare
art. 282 bis c.p.p.

Sospensione esercizio potestà dei genitori
art. 288, co. 2 c.p.p.

Violenza sessuale con l’inganno

art. 609 bis, co. 2, n. 2 c.p.

Tribunale Collegiale Facoltativo Consentito Custodia cautelare
in carcereArresti domiciliariAllontanamento casa familiare
art. 282 bis c.p.p.

Sospensione esercizio potestà dei genitori
(art. 288, co. 2 c.p.p.

 

L’art. 609 septies c.p. ha dettato una disciplina nuova delle condizioni di procedibilità dei reati di violenza sessuale.

In particolare, tali delitti sono punibili a querela della persona offesa e la querela non è rimettibile (revocabile), al precipuo fine di evitare che la vittima, anche in considerazione della tipologia dei reati, possa in un secondo momento rimettere la querela ad esempio per timore di subire ritorsioni o per vergogna.

La norma prevede, altresì, dei casi in cui i reati di violenza sessuale sono perseguibili d’ufficio ed, in particolare:

1) se il fatto previsto dall’art. 609 bis c.p. è commesso nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto;

2) se il fatto è commesso dall’ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore, ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza;

3) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni;

4) se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio;

5) se il fatto è commesso nell’ipotesi prevista dall’art. 609 quater ultimo comma, ossia nel caso in cui la persona offesa non abbia compiuto gli anni dieci.

 

Avv. Andrea Pietrangeli Bernabei

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