L’AUTORE DI VIOLENZA: PROFILI PSICOLOGICI - DONNEXSTRADA
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L’AUTORE DI VIOLENZA: PROFILI PSICOLOGICI

L’AUTORE DI VIOLENZA: PROFILI PSICOLOGICI

È complesso comprendere il fenomeno della violenza di genere senza porsi la domanda: chi sono gli autori di violenza? Perché lo fanno?

 

Premessa

Per rispondere a tali domande è anzitutto necessario sapere che questo tipo di violenza non è spiegabile in termini di conflitto di coppia: l’aggressione non ha un significato attribuibile a specifici eventi e non si colloca in una dinamica relazionale composta da azioni e reazioni reciproche tra i partner. Essa è invece unidirezionale e indipendente dalle caratteristiche della donna e dalla natura del rapporto di coppia.

Esistono principalmente due tipi di spiegazioni riguardo al perché e al come una persona possa diventare autore di violenza: quella sociologica femminista e quella psicologica.

 

Paradigma sociologico femminista radicale

Sul finire degli anni sessanta, grazie all’ala radicale dei movimenti femministi nordamericani, è emerso il problema della violenza sulle donne, entrato a far parte del dibattito politico. Tale modello è infatti quello che ha influenzato maggiormente il modo in cui la violenza di genere è stata concettualizzata nel discorso pubblico e nelle dichiarazioni internazionali. In questo paradigma viene messa in discussione la struttura sociale nella sua interezza costruitasi su istituzioni di stampo patriarcale, le quali mirano al mantenimento del potere dell’uomo sulla donna. Ciò che prima avveniva in ambito privato, chiuso tra mura domestiche, irrompe quindi sulla scena politica e sociale, permettendo a sua volta la creazione dei primi centri che si occupano di accogliere e dare aiuto alle donne vittime di violenza, dando un enorme contributo alla creazione di una consapevolezza pubblica di tale problema.

Secondo questo modello gli uomini sono violenti perché violenta è la loro natura, essendo stati allevati a diventare autori di violenza per tenere le donne in uno stato di perenne subordinazione. Il concetto di violenza diventa qui “normale” in quanto “prescrizione sociale” e tentare di dare una spiegazione psicologica significherebbe distogliere lo sguardo dalla vera origine del problema oppure attribuire responsabilità alla donna e fornire attenuanti all’uomo maltrattante. Viene quindi negata una qualsiasi forma di psicopatologia.

Esistono tuttavia diversi dati su cui riflettere e che rendono riduttiva e debole la tesi del femminismo radicale: solo una minoranza di uomini è maltrattante, esistono differenze individuali negli autori di violenza, anche le donne possono essere autrici di violenza (soprattutto psicologica) e il maltrattamento stesso esiste non solo nelle coppie eterosessuali, ma anche omosessuali. Infine, diversi studi dimostrano che la violenza reciproca nella coppia è molto più diffusa del maltrattamento di genere.

 

Paradigma psicologico

Il modello psicologico non mira a escludere gli aspetti culturali, che possono giocare un importante ruolo, ma li integra all’interno di un’analisi maggiormente legata alla personalità dell’individuo autore di violenza, le cui azioni sono auto-generate e legate a una modalità autoriferita di sperimentare il mondo e le relazioni.

La letteratura sul tema ha permesso di individuare alcune dimensioni che consentono di distinguere i maltrattanti tra loro: la gravità della violenza agita, il target della violenza (solo la partner o anche altri), e i disturbi psicopatologici.

In base a tali aspetti possiamo distinguere tre tipi di profili psicologici dell’autore di violenza:

 

  • Evitanti / ipercontrollanti:

La caratteristica principale è la negazione della rabbia, a lungo repressa, che può esplodere improvvisamente in atti di violenza. Tale emozione può però anche essere espressa in maniera strumentale attraverso la dominazione dell’altro o la distanza emotiva, con una costante vessazione quotidiana e strategica finalizzata al controllo e alla sottomissione. Tipici sono l’isolamento della partner, l’impartizione di ordini, l’abuso emotivo fatto di derisione e/o indifferenza affettiva.

Questa tipologia di autore di violenza tende a vivere il maltrattamento come una perdita di controllo e un fallimento personale e può quindi provare colpa e rimorso nei confronti delle partner. Sono infatti coloro che più facilmente chiedono aiuto e accettano di farsi aiutare.

Proprio per la sopraccitata caratteristica, non hanno solitamente problemi con la giustizia e non sono violenti con altre persone; inoltre, le caratteristiche non sono tali da poter essere identificate con un unico disturbo di personalità.

 

  • Ciclici / Borderline:

i soggetti appartenenti a questa tipologia sono generalmente identificabili con la presenza di un disturbo borderline di personalità, e il vissuto psicologico corrisponde alla celebre fenomenologia del maltrattamento chiamata “ciclo della violenza”, descritto da Lenore Walker.

In queste persone il vissuto si organizza attorno alla negazione di due potenti sentimenti: una profonda dipendenza nei confronti della partner e l’orrore di essere abbandonati. L’abuso è quindi necessario per disfarsi di questi vissuti oppressivi. Qualunque accadimento che interessi la partner viene interpretato come possibilità di essere traditi e abbandonati e l’individuo scivola così in uno stato di panico che non può essere accolto ed elaborato, ma viene proiettato all’esterno.

Questo processo può culminare con una fase di violenza brutale per porre fine a un’incontenibile angoscia, e in casi estremi sfocia nell’omicidio.

I momenti che mettono maggiormente a rischio la vita della donna sono quando ella prova a separarsi, quando cerca un aiuto esterno ma anche quando è incinta (il nascituro è un “terzo” che si frappone e che può diventare un sostituto).

Successivamente alla fase di esplosione della violenza appena descritta, solitamente ne segue una di contrinzione, in cui l’autore di violenza cerca il perdono e tenta di riparare attraverso promesse e giuramenti oppure negando le proprie responsabilità. In questo momento il maltrattante cede potere alla donna, la quale, quando crede che questa sia la vera natura del partner oppure se ritiene se stessa responsabile della violenza subita, inevitabilmente si ritroverà all’interno di un ciclo destinato a ripetersi.

Questo profilo psicologico tendenzialmente si origina dall’aver sperimentato violenze fisiche e psicologiche traumatiche dalla figura paterna, che sfociano in una rabbia incontenibile. Dal lato materno invece, vi è stata trascuratezza e indisponibilità, tanto è vero che la figura della madre appare scissa: da un lato amorevole e idealizzata, dall’altro persecutoria e odiata, sentimenti ambivalenti successivamente proiettati sulla partner di turno.

Il livello di criminalità non è particolarmente elevato in questa categoria, la violenza si manifesta quasi esclusivamente all’interno di relazioni intime.

 

  • Violenti / Antisociali:

Questo gruppo si distingue dagli altri per il comportamento violento verso chiunque. Queste persone hanno solitamente compiuto atti criminali di vario titolo e hanno avuto contatti con giustizia e istituzioni.

Centrale è qui la negazione e la minimizzazione della violenza stessa con un’attribuzione di colpa delegata alla persona oppressa o a elementi esterni; non vi è quindi nessun tipo di identificazione con la vittima e possibilità di sperimentare rimorso ed empatia.

I valori conservatori del “maschile/femminile” sono spesso molto radicati; le partner vengono vissute come oggetti ostili da controllare e la violenza che sperimentano può essere impulsiva ma anche “a freddo”, quindi premeditata e predatoria.

La storia di queste persone è tendenzialmente contrassegnata da esperienze infantili massivamente abusanti da parte delle figure di accudimento.

 

Conclusioni

Per rispondere alle domande su chi siano gli autori di violenza è bene indagare a fondo la personalità di ogni singolo individuo, osservarne le sfaccettature e porre lo sguardo sul contesto in cui il maltrattamento si svolge. I profili psicologici dei diversi tipi di maltrattanti dovrebbero essere utilizzate come mappe orientative al fine di approfondire questo fenomeno problematico e in particolar modo sostenere la prevenzione dello stesso.

 

Dr.ssa Elena Leone

Psicologa Psicoterapeuta

 

Bibliografia:

  • Dutton, D. G. (2007). The abusive personality: violence and control in intimate relationships. The Guildford Press, New York
  • Dutton, D. G., Golant, S. K. (1994). The batterer. A psychological profile. New York: BasicBook
  • Holtzworth-Monroe A., Meehan J. C., Herron K., Rehman U., Stuart G. L. (2000). Batterer psychology
  • Sarachild K. (1968,1973). Consciousness -Raising: a radical Weapon. Women’s liberation conference. Chicago.
  • Schechter, S. (1982). Women and male violence: the visions and struggles of the battered women’s movement. South End Press, Boston
  • Schimmenti V., Craparo G. (2014). Violenza sulle donne. Aspetti psicologici, psicopatologici e sociali. FrancoAngeli, Milano
  • Tweed R., Dutton D. G. (1998). A comparison of instrumental and impulsive subgroups of batterers. Violence & Victims.

Walker L. (1979). The battered woman. New York: Harper & Row

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