ASSEGNAZIONE CASA FAMILIARE, PRESUPPOSTI E SUA TRASCRIVIBILITA’. - DONNEXSTRADA
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ASSEGNAZIONE CASA FAMILIARE, PRESUPPOSTI E SUA TRASCRIVIBILITA’.

  • Origini ed evoluzioni dell’istituto.

L’istituto dell’assegnazione della casa familiare, che nella precedente e superata concezione veniva denominata “coniugale”, è disciplinato dall’art. 337 sexies del codice civile.

Tale norma è contenuta nel Capo II del Titolo IX del Libro I del codice civile che è stato oggetto della riforma di cui alla Legge 10 dicembre 2012, n. 219, la quale ha determinato un’ampia e significativa riforma del nostro ordinamento, equiparando la filiazione legittima con la filiazione naturale (ossia quella nata fuori dal matrimonio) e, pertanto, disciplinando, finalmente in maniera unitaria, l’“esercizio della responsabilità genitoriale” sia a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili sia all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio.

Difatti l’assegnazione della casa familiare è un istituto applicabile sia nei casi di figli nati da coppie coniugate sia di figli nati da conviventi more uxorio.

In ultimo, anche la Legge n. 76/2016 (Legge Cirinnà) ha fatto salvo l’art. 337 sexies c.c., ribadendo il diritto anche per le c.d. coppie di fatto di chiedere al Giudice di stabilire il diritto di godimento dell’immobile in favore di uno dei genitori, tenendo conto del prioritario interesse dei figli.

Dunque, se in passato era un diritto unicamente destinato ai genitori di coppia coniugata, dal 2012 non sono più ammesse distinzioni.

  1. Definizione di casa “familiare”.

Per casa familiare si intende l’abitazione presso la quale si è svolta abitualmente la vita domestica o meglio il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza.

Solo tale luogo identifica la definizione di casa familiare.

Ciò vuol dire, ad esempio, che la casa che la famiglia usava, anche abitualmente, durante le vacanze non potrà essere oggetto di assegnazione.

  • Finalità dell’istituto dell’assegnazione della casa familiare.

L’assegnazione della casa familiare ha la esclusiva finalità di tutelare il preminente interesse dei figli, come dice la norma stessa.

Invero, l’istituto risponde all’esigenza di assicurare ai figli la conservazione dell’“habitat” domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare.

Non solo. Essendo l’assegnazione espressamente finalizzata alla tutela ed all’interesse dei figli, in assenza di quest’ultimi, come meglio si esporrà nel prosieguo in merito ai presupposti, il genitore non potrà ottenerla.

  1. Soggetti legittimati e presupposti.

I soggetti legittimati a richiedere l’assegnazione sono il coniuge oppure il convivente presso il quale sono prevalentemente collocati o affidati i figli minori o convivono i figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti o portatori di handicap.

In caso di assegnazione, infatti, i figli, congiuntamente all’assegnatario, hanno il diritto di continuare ad abitare presso la casa familiare, anche se questa è in comproprietà o di proprietà esclusiva dell’altro coniuge o convivente o di terzi.

Tipica, invero, è l’ipotesi che l’immobile presso il quale si è svolta abitualmente la vita domestica (c.d. casa familiare) sia oggetto di un contratto di locazione. È bene ricordare, a tal proposito, che l’art. 6 L. n. 392/1978 statuisce espressamente che «in caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest’ultimo».

Sebbene tale norma nulla disponga espressamente riguardo alle coppie non coniugate, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della stessa nella parte in cui non prevede la successione nel contratto in caso di cessazione della convivenza nell’ambito della famiglia di fatto (Corte Costituzionale, n. 404/1988). Conseguentemente, la giurisprudenza di legittimità ha esteso pacificamente l’ambito di applicazione dell’art. 6 anche alle coppie conviventi, giungendo ad affermare che qualora il convivente, intestatario del contratto di locazione, si allontani dall’immobile, il convivente more uxorio che rimane nella casa con i figli naturali nati dall’unione ha diritto di succedere nel contratto di locazione.

In parole più semplici: il coniuge/convivente assegnatario dell’immobile diventa ex lege il nuovo conduttore dell’immobile, divenendo, sostanzialmente, parte formale del contratto di locazione.

Premesso quanto sopra, presupposto essenziale per richiedere l’assegnazione, dunque, è la presenza di figli, sia minori, sia maggiorenni non economicamente autosufficienti ovvero portatori di handicap.

In assenza di questi, infatti, il genitore non potrà ottenere l’assegnazione, neanche qualora si tratti della parte economicamente più debole, come forma di prestazione in natura, ancorché parziale, del mantenimento.

Sulla richiesta del genitore sarà il Giudice a disporre l’assegnazione, tenendo conto, oltre alla presenza dei figli, dei rapporti economici fra i genitori e considerando l’eventuale titolo di proprietà sull’immobile.

  • La cessazione del diritto all’assegnazione della casa familiare.

Il codice civile stabilisce espressamente che il diritto al godimento della casa familiare viene meno se l’assegnatario non ci abiti o cessi di abitarci stabilmente, se l’assegnatario conviva more uxorio o contragga un altro matrimonio.

Sebbene il dato testuale della norma non sembra poter essere oggetto di interpretazione, in realtà la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che non sussiste alcun automatismo tra le ipotesi su richiamate e la revoca del beneficio, e ciò in quanto , lo scopo dell’assegnazione è quello, e solo quello, di tutelare l’interesse della prole a rimanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta e non anche quello di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, compresa la necessità di reperire una abitazione.

Quindi, in concreto, possono esistere ipotesi in cui il Giudice, nell’esercizio del potere discrezionale, possa non revocare il beneficio pur in presenza dell’’abbandono della casa familiare da parte dell’assegnatario o della sua solo saltuaria frequentazione.

  • Trascrizione del provvedimento di assegnazione e opponibilità ai terzi.

Il provvedimento di assegnazione della casa familiare costituisce un diritto personale di godimento che, a tutela del genitore assegnatario, potrà essere trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari per essere reso opponibile ai terzi.

In tal modo, il provvedimento conserva la sua efficacia anche se il proprietario del bene immobile (ad esempio l’altro coniuge o convivente) decida di alienare la casa familiare oppure l’immobile venga assoggettato a pignoramento immobiliare e quindi acquistato da terzi.

In caso di mancata trascrizione, comunque, la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione ha chiarito che il provvedimento di assegnazione della casa familiare, avendo per definizione data certa, è opponibile, anche se non trascritto, al terzo acquirente in data successiva, per la durata di nove anni dalla data dell’assegnazione; è invece opponibile anche oltre i nove anni, nel caso in cui il titolo sia stato trascritto.

Per dovere di completezza, occorre segnalare che il provvedimento di assegnazione non è mai opponibile nei confronti del terzo nel caso in cui quest’ultimo abbia acquisito la proprietà o altro diritto reale antecedentemente all’assegnazione.

In ogni caso, a tutela della parte assegnataria, è assolutamente consigliabile provvedere tempestivamente alla trascrizione del provvedimento.

 

Avv. Eleonora Vallone

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