Identità
Quando ci si pongono domande del tipo “chi sono io; qual è il senso della mia esistenza; che posto occupo nel mondo”, ci si sta interrogando sulla propria identità.
Con questo termine, identità, si intende il “senso di sé”, che non può essere ritenuto altro che un costrutto fluido, in quanto va di pari passo con lo sviluppo e il dispiegamento della nostra personalità.
Il senso di sé dipende dall’immagine che abbiamo di noi stessi, e molteplici sono i fattori (intrapersonali, interpersonali, sociali, culturali e contestuali) che contribuiscono a tale costruzione. Quello che sono oggi, non è quello che ero ieri, così come non è quello che sarò domani.
Quella sul proprio senso di identità è una delle tematiche che ad oggi più ci interrogano, ma non è sempre stata una domanda centrale, solo dal dopoguerra è iniziata a diventare una questione comune… Come mai?
Si può dire innanzitutto che per primo Erikson (1950, 1968) rese il concetto di “identità” un costrutto teorico formale, riuscendo a cogliere come negli anni post-bellici, sentimenti e dubbi fino ad allora rimasti periferici, ossia la preoccupazione di trovare sé stessi e le crisi di identità, iniziassero a diventare problemi fondativi la persona.
Con l’avvento della società di massa si è andati sempre più incontro alla perdita delle comunità. Per l’individuo la comunità appunto, svolgeva una funzione fondamentale; infatti al suo interno, ognuno aveva un suo posto, i ruoli erano stabiliti, e trasmessi da generazione in generazione; dunque il problema di chi fossi non si poneva, a ricordarlo erano i membri della comunità.
Nel dopoguerra, l’ampliamento dei confini, la possibilità di spostarsi da un luogo all’altro, e l’incontro con l’estraneo, ha lasciato all’individuo la responsabilità di pensare e darsi un ruolo nella società, di domandarsi il senso della sua esistenza.
Senza il supporto delle comunità, il proprio senso di identità si formava su modelli personali, soggettivi, e tutti da costruire. Dunque, come si sta al mondo, e quelli che sono i progetti di vita del singolo, sono ora questioni che deve gestire da solo, in autonomia, e strettamente legati allo sviluppo del senso di identità personale.
Qualora il senso di sé risulti fragile o ancora non pienamente formato, i livelli di stress rischiano di raggiungere soglie difficili da gestire, portando così ad evitare tutte le situazioni che comportano una messa in discussione del proprio sé, perdendo però l’opportunità di sperimentarsi sia in contesti nuovi, che nella conoscenza di sé e dell’altro diverso da sé, passaggio fondamentale per rafforzare il proprio senso di identità, come in un circolo vizioso (Buday, 2020).
IDENTITA’ E SOSTEGNO PSICOLOGICO
Ci si adopera per trovare un nostro scopo nella vita, un senso alle nostre azioni, alla nostra esistenza. Sembra che percepire un senso di sé sia inscindibile dalla costruzione identitaria.
Ma come si può raggiungere tale organizzazione di chi si è?
“A ben guardare, è proprio il ‘pensiero narrativo’ a consentire all’uomo di creare la
propria identità attraverso la costruzione di mondi possibili, attraverso l’uso di
parole, ricordi, immagini” (Bruner, 1986).
In pratica Bruner, ci dice che risignificare, ricostruire il senso delle proprie azioni ed emozioni, sia il processo che porta alla costruzione identitaria. Il pensiero narrativo permette l’elaborazione del proprio vissuto, e una maggiore comprensione del proprio sé.
Il linguaggio, come codice comunicativo, consente all’uomo di rappresentare la propria realtà, mettendola in una narrazione, che permette di “dare ordine agli eventi e alle emozioni, dotandoli di senso, di un significato che si costruisce nella transazione individuo-contesto”.
La funzione psicologica è proprio quella di fornire all’individuo uno spazio in cui narrarsi, farsi delle domande, anche mettersi in discussione, in uno spazio che però è sicuro, protetto, e in assenza di qualsiasi giudizio. Lo psicologo è lì per accogliere emotivamente chi sta attraversando la difficile messa in discussione di sé, per fornire un rispecchiamento a chi sente di non riuscire a vedere in maniera lucida alcuni aspetti di sé, e per riproporre una narrazione più ordinata di alcuni eventi che sono emotivamente troppo carichi per riuscire a gestirli in solitaria.
Come si è visto in precedenza, secondo la concezione bruneriana, il processo di significazione, con cui si costruisce l’identità risiede nell’elaborazione mediante la quale il soggetto ricostruisce il significato delle proprie azioni, delle proprie emozioni, in sintesi, del proprio vivere a partire da un processo ricostruttivo mediato dal pensiero narrativo.
Il sé dunque si tiene insieme, per certi versi, attraverso il linguaggio, attraverso quel collante tutto particolare che è il narrarsi.
Dott.ssa Beatrice Simmi, Psicologa Clinica
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- Allport, G. W. (1961). Psicologia della Personalità. LAS, 1977. Pattern and growth in personality. New York: Holt, Rinehart, Winston.
- Blos, P. (1976). The split parental imago in adolescent social relations: an inquiry into group psychology. The Psychoanalytic study of the Child, 31(1), 7-33.
- Bruner J., 1986, La mente a più dimensioni, Laterza, Bari, 1988.
- Buday, E. (2020). Costruire l’identità. Come aiutare gli adolescenti a diventare sè stessi. Franco Angeli, 2020.
- Del Core, P. (1990). Giovani, identità e senso della vita: contributo sperimentale alla teoria motivazionale di V. Frankl. Edi Oftes.
- Godino, A., & Canestrari, R. (1997). Trattato di psicologia. Trattato di psicologia.
- Erikson, E. H. (1950). Growth and crises of the” healthy personality.”.
- Erikson, E.H. 1968. Identity:youth and crisis. New York: Norton. [Trad. ital. Gioventù e crisi di identit., Roma: Armando. 1974]
- Selener, G. (1991). Les apports des groupes au processus de développement de l’adolescent. Revue de Psychotherapie psychanalytique de groupe, 16.