QUANDO UN COMPORTAMENTO PUO’ CONFIGURARE IL REATO DI MOLESTIA EX ART 660 C.P.
Nel linguaggio comune il termine molestia va inteso come “Pungente sensazione di disagio, tale da alterare le normali caratteristiche di uno stato, di un’azione o di un comportamento, provocata da fattori o agenti interni o esterni, oggettivamente ostili o sentiti come tait’, ma quando un determinato comportamento, diventa tale da configurare il reato previsto e punito dall’articolo 660 del codice penale?
In termini giuridici, l’art. 660 c.p. prevede che: “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo reca a talund molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516″. Secondo la giurisprudenza., ai fini della sussistenza del reato in esame, gli intenti scherzosi o persecutori dell’agente sono del tutto irrilevanti, una volta che si sia accertato che, comunque, a prescindere dalle motivazioni che sono alla base del comportamento, esso è connotato dalla caratteristica della petulanza, ossia da quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà delle persone.Lo scopo di tale norma è preservare la tranquillità e la sicurezza dei consociati appartenenti alla collettività, e la condotta di recare disturbo o molestia che va ad interferire con la vita di una persona può manifestarsi in qualunque luogo, sia pubblico che privato, trovando la sua tutela anche quando viene utilizzato il mezzo del telefono. Difatti, per la configurabilità di tale fattispecie delittuosa, non è necessario che la vittima alteri le proprie abitudini di vita, ma è necessaria anche solo una condotta che tende ad infastidire la vittima e/o che l’agente adoperi un comportamento di arrogante invadenza che va ad incidere sulla sfera di libertà della persona offesa dal reato. Va altresì evidenziato che non è necessario che il comportamento petulante, fastidioso o invasivo sia ripetuto nel tempo, essendo punibile anche il compimento di una sola ed unica azione. Ad oggi, inoltre, così come da recenti orientamenti
giurisprudenziali, anche l’utilizzo di una pagina Fabebook viene considerato quale luogo aperto al pubblico, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 660 c.p. Difatti, la piattaforma sociale Facebook è una sorta di agorà virtuale, che consente un numero indeterminato di accessi e di visioni, accessibile da parte di chiunque che utilizzi la rete.
Infine, è bene evidenziare il tratto distintivo dell’art. 660 c.p. rispetto ad altre fattispecie delittuose, ovvero il reato di violenza sessuale previsto dall’art. 609 bis c.p. che si integra con la condotta di chi, per soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale, mediante comunicazioni telematiche che non comportino contatto fisico con la vittima, induca la stessa al compimento di atti che comunque ne coinvolgano la corporeità sessuale e siano idonei a violarne la libertà personale e non la mera tranquillità, e dall’art. 612 bis c.p. va rilevato che quest’ultimo, pur potendosi commettere anche mediante condotte moleste, non necessita la commissione di tali atti in luogo pubblico, aperto al pubblico o tramite telefono, mentre richiede che la condotta molesta cagioni un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero che la condotta sia tale da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Avv. Gaia Triola