LA VIOLENZA DOMESTICA E DI GENERE NELLE CAUSE CIVILI IN MATERIA DI FAMIGLIA - DONNEXSTRADA
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LA VIOLENZA DOMESTICA E DI GENERE NELLE CAUSE CIVILI IN MATERIA DI FAMIGLIA

Fino a pochi mesi fa, la disciplina dei procedimenti civili in materia di persone, famiglia e minori risultava alquanto frammentaria, caratterizzata da riti diversi a seconda della specifica materia .

Anche all’interno dei procedimenti familiari, erano previsti riti differenti a seconda che si trattasse di separazione dei coniugi o di affidamento dei figli minori nati fuori dal matrimonio.

Tuttavia, in generale, si può affermare che vi fosse un elemento comune rappresentato dalla prima fase, in cui le parti venivano sentite personalmente dal giudice nel tentativo di conciliare la causa e, qualora la conciliazione non riuscisse, il procedimento proseguiva, previa l’adozione dei provvedimenti provvisori e urgenti in materia di mantenimento, affidamento e regime di visite dei figli minori.

Dal punto di vista legislativo, non vi era distinzione fra le cause caratterizzate da mera conflittualità tra le parti e quelle connotate da situazioni di violenza domestica e di genere, se non con la previsione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari.

Nel 2020 veniva redatto il primo rapporto sull’Italia da parte del GREVIO (acronimo di Group of Experts on action against Violence against Women and Domestic Violence), ossia il gruppo di esperti istituito dal Consiglio d’Europa incaricato di monitorare il grado di adeguamento dei vari Stati membri ai principi stabiliti dalla Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istambul del 2011, ratificata dall’Italia nel 2013).

Tale rapporto disegnava un quadro abbastanza allarmante in merito alla situazione italiana, soprattutto con riferimento al fenomeno della vittimizzazione secondaria, ossia la situazione in cui “le stesse autorità chiamate a reprimere il fenomeno delle violenze, non riconoscendolo o sottovalutandolo, non adottano nei confronti della vittima le necessarie tutele per proteggerla da possibili condizionamenti e reiterazioni della violenza” (cfr. relazione sulla vittimizzazione secondaria del 20 aprile 2022 – Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio).

In merito ai procedimenti civili, il GREVIO segnalava l’inadeguatezza delle misure volte a tutelare la sicurezza della vittima, sottolineando come di frequente i Tribunali non riescano ad individuare i casi di violenza, anche con la tendenza ad ignorarli, soprattutto quando si tratta di prendere decisioni in merito all’affidamento dei figli minori, prediligendo, in modo talvolta ingiustificato, l’affidamento condiviso.

Alla luce delle prove e testimonianze raccolte, è stata riscontrata la tendenza dei Tribunali italiani a richiedere alla donna vittima di violenza di trovare un accordo “amichevole” con il maltrattante, a prescindere dalla denuncia di abuso e senza uno screening o una valutazione del rischio, assimilando così gli episodi di violenza a situazioni di mera conflittualità.

Il GREVIO rammenta, infatti, che “la violenza tra partner indica uno squilibrio di potere nella relazione che può influenzare negativamente la capacità di negoziare in modo equo e di arrivare ad un accordo reciprocamente accettabile”, con l’enorme rischio che “accordi inadeguati sull’affidamento e la visita del bambino possono esporre le donne ad abusi post-separazione ed a vittimizzazione secondaria” (paragrafo 184 e 186 rapporto GREVIO).

Alla luce di tali considerazioni, il suddetto rapporto stilava alcuni suggerimenti di modifica legislativa, per garantire che le problematiche legate alla violenza contro le donne vengano esaminate nei procedimenti civili e prese in debita considerazione nelle decisioni in merito all’affidamento dei figli minori.

Il Dgs n. 149/2022 (Riforma Cartabia), che ha compiuto un vero e proprio riassetto della disciplina del processo civile, ha introdotto un rito unico per tutti i procedimenti in materia di persone, famiglia e minori e, nel recepire i suggerimenti del GREVIO, ha dedicato alla violenza di genere delle disposizioni speciali, con l’introduzione degli art. 473 bis40 e seguenti, che si applicano ai procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell’altra o dei figli minori.

Vediamo, dunque, i punti salienti della nuova disciplina.

  • Anzitutto, la norma di apertura (art. 473 bis40 cpc) non elenca in modo tassativo quali condotte possono essere ricomprese nell’ambito di applicazione delle nuove norme, limitandosi a citare genericamente “abusi familiari” e “violenza domestica o di genere”, ciò chiaramente al fine di abbracciare tutte le forme di violenza (fisica, sessuale, psicologica ed economica) a prescindere dalla riconduzione della singola fattispecie in una specifica ipotesi di reato.

Si sottolinea, infatti, che la medesima condotta, anche se non perseguibile penalmente, può essere rilevante ai fini civilistici per le decisioni in ordine alle domande di addebito della separazione fra i coniugi, di risarcimento dei danni, nonché quelle attinenti all’affidamento dei minori ed alla capacità genitoriale.

  • In secondo luogo (art. 473 bis.41), la parte ricorrente – che sia il presunto autore della violenza, la presunta vittima o il pubblico ministero – è espressamente onerata di indicare nel ricorso l’esistenza di procedimenti, definiti o pendenti, relativi agli abusi o alle violenze, allegando copia degli eventuali accertamenti già svolti, nonché di provvedimenti già emessi da altra autorità giudiziaria (si pensi agli ordini di protezione in ambito civile) o da altra pubblica autorità.

In generale, è prevista una collaborazione fra il giudice, il pubblico ministero e le altre autorità, affinché vengano acquisiti nella causa civile gli atti di indagine, non coperti da segreto, svolti in procedimenti penali pendenti o definiti.

  • Segue poi la disciplina del procedimento, caratterizzato da una particolare celerità, e dalla necessità di svolgere, già nelle prime fasi del giudizio, un’istruttoria che permetta di accertare, seppure in modo sommario, la fondatezza dei fatti allegati, in modo tale che già dall’emissione dei provvedimenti provvisori venga assicurata tutela alla vittima di violenza.

Al fine di evitare i fenomeni di vittimizzazione secondaria, sono previste le seguenti misure:

  1. Le parti non sono tenute a comparire personalmente in udienza (art. 473 bis.42).

La comparizione potrà eventualmente avvenire con modalità volte ad evitare i contatti diretti fra il presunto autore di violenza e la presunta vittima, ad esempio con udienze da remoto ovvero ad orari scaglionati.

  1. Il giudice non deve procedere al tentativo di conciliazione, né invitare le parti a rivolgersi a un mediatore familiare (art. 473 bis.42 e 43).

In ogni caso, la mediazione familiare è espressamente vietata, qualora sia stata emessa una sentenza di condanna penale, ovvero sia pendente un procedimento penale in una fase successiva all’avviso all’indagato circa la conclusione delle indagini preliminari (art. 415 bis c.p.p.).

  1. Quando la vittima è inserita in una collocazione protetta, il giudice dispone la secretazione dell’indirizzo di dimora (art. 473 bis.42).
  2. Il giudice ha potere di disporre anche d’ufficio (ossia anche in assenza di un’istanza di parte) i mezzi istruttori che ritiene opportuni, anche oltre i limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, pur nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria. (art. 473 bis.44).

Potrà dunque interrogare le parti, assumere sommarie informazioni o disporre la prova testimoniale, al fine di sentire le persone che possano essere a conoscenza dei fatti di violenza allegati (quali amici, vicini di casa, parenti).

Inoltre, potrà nominare un consulente tecnico, scelto fra quelli con competenze specifiche in materia di violenza domestica e di genere, nonché affidare indagini ai servizi sociali, disponendo che tutti gli accertamenti avvengano nel rispetto della sicurezza e dignità della vittima, evitando la contemporanea presenza delle parti. (art. 473 bis.44)

  1. L’ascolto del minore deve essere svolto personalmente dal giudice (anche con l’aiuto di ausiliari esperti) e avvenire senza ritardo, evitando il contatto con il presunto autore della violenza, salvo che il minore non sia già stato sentito nell’ambito di altro procedimento, anche penale, e che l’ascolto non sia superfluo. (art. 473 bis.45)

Dell’ascolto del minore deve essere effettuata una registrazione audiovisiva, per evitare che sorga la necessità di risentire il bambino. Qualora ciò non sia possibile, il verbale dovrà essere dettagliato e descrivere anche l’atteggiamento del minore. 

  • Al termine dell’istruttoria, qualora il giudice ritenga fondate le allegazioni riguardanti le violenze a abusi, vengono adottati i provvedimenti più idonei per tutelare la vittima e il minore, ricorrendo anche all’uso degli ordini di protezione, che prevedono l’allontanamento dell’autore delle violenze dalla casa familiare, o comunque l’ordine di non avvicinarsi ad essa, al luogo di lavoro della vittima, al domicilio dei parenti, nonché al luogo di istruzione dei minori.

Infine, la regolamentazione del regime di frequentazione dei minori deve avvenire in modo tale da assicurare la tutela del minore e della vittima.

Appare evidente come la normativa sopra esposta, applicabile ai procedimenti iniziati dopo il 28 Febbraio 2023, abbia cambiato radicalmente il modo di gestire le cause di separazione e di affidamento dei minori connotate da situazioni di violenza e abusi, nel tentativo di limitare il più possibile il rischio di vittimizzazione secondaria, attraverso il divieto espresso della mediazione familiare e la riduzione al minimo dei contatti diretti fra la presunta vittima ed il presunto autore della violenza, nonché tramite i nuovi poteri istruttori conferiti ai giudici, i quali potranno così intercettare i casi di violenza domestica e di genere e favorire l’uscita della vittima dal ciclo della violenza.

Tuttavia, all’adeguamento legislativo, dovrà sicuramente seguire l’impegno di tutti gli operatori del diritto, nonché dei consulenti tecnici e dei servizi sociali, affinché si creino prassi operative volte a garantire, in modo pieno e adeguato, la sicurezza della vittima e dei minori.

 

Avv. Arianna Gargiulo

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